Scandali, sogni infranti, ultimi giri al cardiopalma…
La 500 Miglia di Indianapolis non delude mai! E quest’anno, ho deciso di raccontarvela con un PostGP dedicato!
Eh già, perché c’è tantissimo di cui parlare. C’è la Prema, un’eccellenza italiana che si è presa una Pole Position storica; c’è Alex Palou, il campione catalano che sta riscrivendo la storia del motorsport a stelle e strisce. E poi lo scandalo Penske, e ancora i sogni infranti di una piccola squadra che poteva vincere…
Insomma, The Month of May ha regalato un’emozione dopo l’altra.
Partiamo dalle meno felici.
NAS-KANDALO
Mi sa che il nome di questa rubrica one-shot potrebbe tornare utile per la F1, prima o poi…
Rimaniamo sulla Indy500, però. Qual è lo scandalo che ha segnato la 109esima edizione della gara che gli americani, con il pizzico di modestia che li contraddistingue sempre, chiamano the greatest spectacle in racing?
Succede tutto una settimana prima della gara, nel weekend delle qualifiche.
Le due Penske di Will Power e Josef Newgarden, il vincitore della 500 miglia 2024 e grande favorito di questa edizione, vengono escluse dalla Fast 12. Una sorta di Q2 della F1, per capirci.
Basterebbe questa notizia per parlare di uno scandalo.
Il motivo è semplice: la Penske è la squadra più famosa, vincente e celebrata del mondo Indycar. Potremmo estendere la definizione a tutto il motorsport americano. È un colosso nato dal genio visionario di Roger Penske, un colosso che va ben oltre la squadra di Indycar, parliamo di un impero miliardario che dà lavoro a decine di migliaia di persone tra concessionari e altri servizi.
Ma soprattutto, nel 2019 Roger Penske è diventato il proprietario dell’ovale di Indianapolis e di tutta l’Indycar. Cioè, Penske, non solo ha il team in Indycar, ma da poco è anche proprietario di Indianapolis e proprietario della Indycar!! Come se la Ferrari diventasse proprietaria dell’autodromo di Monza e della Formula 1! Quindi, ogni volta che il team Penske viene coinvolto in uno scandalo tecnico… apriti cielo!
Immaginate il polverone che si è alzato quando le irregolarità hanno riguardato la 500 miglia, una gara che per i team di Indycar vale più dell’intero campionato!
Ma cosa è successo?
A quanto pare, gli ingegneri dei team avversari sono andati dai commissari tecnici e gli hanno detto: ehi, ma vi siete accorti di uno strano particolare nella struttura deformabile posteriore delle Penske?
Eh, no che non si erano accorti. Le Penske di Newgarden e Will Power montavano una struttura deformabile posteriore irregolare. Perché irregolare? Perché la congiunzione tra due parti in carbonio della struttura era stata levigata, così da eliminare il bordo che si veniva a creare nel punto di accoppiamento.
Roba da nulla, direte voi? Una correzione puramente estetica, come suggerito dall’ex capo del Team Penske che è stato licenziato?
Non proprio. Anzitutto levigare quel bordo significa diminuire i disturbi aerodinamici. E in una corsa come la 500 miglia di Indianapolis, dove si insegue il decimo di km/h per essere più veloci in rettilineo… ogni piccolo vantaggio può contare. Il vero problema, però, è che quel componente fa parte dei tantissimi componenti spec che fornisce Dallara.
Se avete visto il mio documentario, già lo sapete: la Indycar è una serie monomarca, e la monoposto è costruita interamente da Dallara. I team possono solo scegliere il motorista a cui affidarsi – Honda o Chevrolet – e possono sviluppare in autonomia soltanto gli ammortizzatori. Per il resto, al massimo possono giocare con l’assetto e le regolazioni aerodinamiche.
Perciò, modificare un componente uguale per tutti è vietatissimo.
Qualunque team avesse commesso questa infrazione sarebbe stato cazziato per bene. Figuratevi se è la Penske, la squadra del proprietario della Indycar! Polemiche su polemiche…
E non è finita qui. Marshall Pruett, uno dei migliori giornalisti di motorsport del mondo intero, un veterano del mondo Indycar, ha avuto un’idea geniale. Dopo che è esploso lo scandalo, ha comprato un biglietto del museo dell’ovale di Indianapolis, si è fatto un bel giro e guarda caso è finito ad ammirare la monoposto che nel 2024 ha portato Josef Newgarden al trionfo.
Secondo voi, come poteva essere la struttura deformabile posteriore? Ma ovvio, modificata! Apriti cielo bis! Quindi Newgarden ha vinto con una macchina irregolare?
Beh, sì, ma solo se fosse stata controllata da domenica 18 maggio 2025 in poi. Dato che le Penske hanno sempre superato le verifiche tecniche, prima e dopo i vari eventi 2024 o le libere e le qualifiche 2025, giustamente non sono state squalificate a posteriori.
Però il polverone che si è alzato è stato immenso. E le conseguenze sono state pesanti. Gran parte della dirigenza del Team Penske è stata licenziata da Roger. E Newgarden e Power hanno subito una penalità gigante: partenza in ultima fila e strateghi delle due macchine banditi dalla corsa. E a Indy gli strateghi sono veri e propri specialisti, quindi perderli è un disastro.
Insomma, una storiella giusto un po’ accesa, e le polemiche a riguardo non sono ancora finite: giornalisti e avversari continuano a criticare il gigantesco conflitto di interessi della Penske. Molto probabilmente, verrà creata una sorta di federazione indipendente che si occuperà di regolamenti e verifiche tecniche, così da eliminare qualunque sospetto.
E ancora non abbiamo parlato dell’azione in pista!
Beh, dovrete avere ancora un attimo di pazienza. Prima, torna una rubrica che è una vecchia amica del PostGP.
NASKA-TECH
Eh già, prima del grande riassunto di questa 500 miglia voglio raccontarvi due o tre chicche tecniche che vi aiuteranno ad apprezzare di più il racconto.
La prima chicca riguarda sempre il Team Penske, che mi serve come esempio.
Abbiamo detto che due macchine su tre sono state spedite in fondo alla griglia. E la terza, quella di Scott McLaughlin? Al momento delle verifiche tecniche di domenica, prima della Fast12, era nel garage tutta bella distrutta, perché ScottyMac l’aveva stampata nel muro durante le libere di domenica mattina.
Disastro epocale. Addirittura? Eh già. La 500 miglia di Indianapolis non è una gara qualunque per i team. Le squadre preparano per ogni pilota quella che in gergo viene chiamata primary car. È un telaio preparato nei minimi dettagli per mesi e mesi. Non sto scherzando, ci iniziano a lavorare qualche settimana dopo la 500 miglia precedente! L’anno prima!!!! Vengono scelti i componenti migliori, si lavora nei minimi dettagli per ridurre le tolleranze, controllare gli accoppiamenti, studiare il set-up perfetto…
Spesso, quando un pilota sbatte nelle libere o in qualifica, se poi si ritrova ad usare un telaio di riserva… sbam, diventa improvvisamente meno veloce. Magari si qualifica sei file indietro rispetto al potenziale. Ma è diventato scarso? No. Banalmente, ha sbattuto la sua primary car e non la può più usare.
Tenete a mente questa informazione perché sarà alla base di una delle storie più emozionanti di questa Indy500.
Seconda chicca tecnica: l’ibrido. Questa è la prima edizione della 500 miglia nella quale le Indycar usavano l’ibrido. Loro hanno una sorta di MGU-K della F1, molto meno potente e collegato direttamente al cambio, con una batteria a supercapacitori e non al litio. È un ibrido più leggero, che dà un boost di circa 60 cavalli e che nelle gare può essere usato per un tot di secondi da ogni pilota. Per dirla brutalmente, ha sostituito il vecchio push-to-pass che funzionava aumentando la pressione del turbo.
Ecco, l’ibrido ha cambiato il modo di correre a Indy. Perché in un ovale velocissimo, dove ci si qualifica a 360 km/h di media, mica puoi inchiodare per ricaricare l’ibrido! Perciò i piloti hanno dovuto studiare nuove strategie di guida. In qualifica, ad esempio, non si fa 1 giro secco, ma 4! E si calcola la media. Ecco, i piloti usavano l’ibrido solo all’ultimo giro dei quattro, così compensavano il progressivo consumo delle gomme. In gara, invece, hanno dovuto studiare quando recuperare energia e quando riutilizzarla.
Prima vi ho raccontato che Josef Newgarden era il grande favorito di questa edizione. Il motivo è che il Team Penske, oltre ad avere preparato una monoposto velocissima, durante le libere aveva mostrato delle strategie di ricarica molto raffinate, e Newgarden superava tutti senza problemi!
Non è finita qui, oggi vi vizio con la tecnica.
Terza chicca: le bandiere blu. Nella Indycar in generale ma soprattutto a Indianapolis, non esistono le bandiere blu. Il pilota che sta per essere doppiato può difendersi per provare in tutti i modi a rimanere nel giro del leader. Quindi, i doppiati hanno un peso importante nelle dinamiche di gara, perchè non si comportano come doppiati. Anche qui, ci torneremo.
Ultima chicca, questa davvero tecnica, riguarda le immagini che vedete. Guardavo la gara e mi chiedevo: perché in rettilineo i piloti, anziché restare a destra, scartano verso il muro interno per poi riportarsi all’esterno e percorrono più metri?
La risposta sta nella parola asimmetria. Le IndyCar hanno un assetto asimmetrico per la Indy500, e per gli ovali in generale. Dato che si gira solo a sinistra, gli angoli delle sospensioni e addirittura le misure delle gomme sono pensati per portare la macchina a scartare leggermente verso sinistra, così da facilitare l’ingresso nelle quattro curve.
Se il pilota in uscita di curva resiste a questa tendenza, e prova a tenere dritta la macchina, perde tempo, perché sterza e perde velocità. Per questo una volta usciti dalla curva si lascia scorrere la macchina dove vorrebbe, cioè a sinistra.
Non solo: i piloti possono intervenire su alcuni parametri di questo strano assetto anche mentre sono in pista. Ad esempio, possono regolare le barre antirollio o il weight jacker, un pistoncino idraulico che cambia la ripartizione dei pesi tra anteriore e posteriore e tra lato destro e sinistro della macchina.
Tutto questo perché a Indianapolis la macchina deve essere perfetta: più veloce possibile in rettilineo, più precisa possibile nelle curve, che sembrano tutte uguali ma sono tutte diverse. E deve seguire la pista, che durante la gara cambia continuamente, perché cambia la gommatura, il vento, la temperatura… il pilota deve saper cambiare l’assetto proprio per seguire la pista.
Insomma, la Indy500, sia per i piloti che per le monoposto, è una delle sfide più complicate che possano esistere nel motorsport. E ora è arrivato il momento di raccontarvi l’edizione 2025, con il…
NASK-ASSUNTO
Iniziamo il racconto della Indy500 dalle qualifiche. Delle libere abbiamo già detto, in fondo: il grande favorito è Newgarden, con la sua Penske, e anche Scott McLaughling sembra avere una macchina velocissima.
Gli altri sono i soliti noti del panorama Indycar. Uno su tutti, Alex Palou, il campione in carica che ha dominato l’inizio di stagione con la sua Ganassi-Honda.
Qualcuno di voi ricorderà che ho raccontato in un video la vicenda di Palou, che doveva passare al team McLaren – sì, lo stesso della F1 che corre anche in Indycar – ma alla fine, dopo mille ripensamenti, è rimasto in Ganassi. E ha fatto bene. Non solo ha vinto il terzo campionato Indycar nel 2024, ma ha iniziato la stagione 2025 in maniera assurda: quattro vittorie e un secondo posto in cinque gare.
Eppure, non è il favorito per la Indy500. Il motivo? Non ha mai vinto una gara su ovale. Esatto, ha vinto tre campionati ma MAI una gara su ovale, e alla Indy500 il miglior risultato è un secondo posto nel 2021. Capite che per Palou la Indy500 vale più di tutto, è l’ultimo tassello che gli manca per diventare uno dei più grandi piloti Indycar di sempre.
Si arriva in qualifica e, discorso Penske a parte, molti dei favoriti riescono a trovare un posto nelle prime file. Palou partirà 6°, Scott Dixon, il suo mitico compagno di squadra in Ganassi, 4°, O’Ward con la McLaren 3°, il veterano Takuma Sato 2°, McLaughlin 10° nonostante il botto prima della Fast12…
E chi è preso la Pole Position?
Beh, questo è il primo, grande colpo di scena dell’edizione 2025. Robert Shwartzman sull’auto del team italiano Prema! Robert era terzo pilota della Ferrari F1, che l’anno scorso correva con la 499P gialla a Le Mans, e quest’anno corre assieme a Prema in Indycar. Lui è un rookie, la squadra italiana è all’esordio in Indycar, e si prendono una Pole Position storica, clamorosa. Erano più di quarant’anni che un esordiente o una squadra al debutto in Indycar non si qualificavano in Pole Position.
Che poi, a Indianapolis, la Pole ha un significato speciale. Le macchine girano una alla volta, si prende la media di quattro giri, i motori hanno più boost per le qualifiche e non c’è scia di nessuno. Le qualifiche diventano una disciplina a sé, si usano assetti diversi, e solo i veri specialisti riescono ad arrivare nelle prime file. Perciò, l’impresa di Robert e della Prema è sensazionale.
Dopo il Carb Day di venerdì scorso, l’ultimo giorno di prove che un tempo era riservato alla carburazione dei motori, arriviamo alla gara di domenica.
La corsa parte un’ora dopo l’orario previsto: pioviggina, e le Indycar non possono girare negli ovali se l’asfalto è bagnato. Addirittura, per permettere ai piloti di scaldare le gomme data la pista molto più fredda rispetto alle prove, la gara inizia sotto Caution. E qui c’è il primo colpo di scena: Scott McLaughlin, uno dei favoriti alla vittoria, va a muro mentre ondeggia per scaldare le gomme. Errore terribile.
Finalmente si parte al giro 4 su 200 e Shwartzman perde subito qualche posizione. In gara non ha un ritmo buono come in qualifica. Davanti conducono le McLaren, Sato e Palou, ma i primi 100 giri sono tutti spezzettati. C’è ancora pioggia nell’aria, ci sono tante Caution…
I colpi di scena non sono molti. Alexander Rossi, che corre per un team di centro gruppo come ECR, sembra molto veloce ma si deve ritirare per un principio di incendio che crea molto caos in pit-lane. Takuma Sato perde tempo per un lungo ai box e in pit-lane, purtroppo, finisce anche la corsa di Shwartzman: Robert perde tantissimo tempo alla prima sosta e alla seconda perde il controllo della vettura mentre si ferma in piazzola, investe due meccanici – che stanno bene – e rompe la sospensione. Ma che errore stupido, ma si può??? Questa la prima cosa che verrebbe da pensare.
Eh in realtà non è proprio così. A Indy, non usando mai i freni, rientrare ai box e rallentare per mettere il limitatore è difficilissimo. Freni freddi, macchina scarica di aerodinamica, assetto asimmetri con l’auto storta, devi rallentare da 350km/h!! Veekay, ad esempio, perde il controllo, finisce in testacoda e deve ritirarsi!
Al giro 91 sbatte e saluta la compagnia Kyle Larson. Ve lo ricordate? il pilota NASCAR che era stato licenziato, bannato, bandito, messo alla gogna mediatica per aver detto UNA parola in una gara sul simulatore con amici? CI ho fatto un video. Quest’anno sta rifacendo un’impresa epica, il Double Duty! Correre la Indy500, pigliare un aereo e correre la CocaCola 600 con la Nascar nello stesso giorno a 1000km di distanza!
La seconda metà di gara, come sempre a Indianapolis, è molto appassionante. La lotta per la vittoria si accende sempre di più con il passare dei giri. Al giro 135 esce di scena Newgarden, che stava andando fortissimo: pompa della benzina rotta.
Poco dopo, Ryan Hunter-Reay, un veterano che corre per un piccolo team, si ritira proprio sul più bello, quando sembra avere la strategia perfetta per una vittoria epica.
Passano i giri e la lotta per il Borg-Werner Trophy diventa un duello. Marcus Ericsson, lo svedese ex-F1 vincitore della Indy500 2022, si ferma per ultimo ed esce dai box in testa alla corsa. Davanti a lui ci sono due doppiati. Ericsson prova a superarli per mettere un cuscinetto tra sé e glo inseguitori ma non ci riesce. Ebbene, sì! Per tutti questi ultimi giri si vedranno due auto, prima e seconda, che in realtà sono ultimi! Eppure tirano tutto il gruppo di testa. Così, a 14 giri dalla fine, dietro di Ericsson Palou capisce di avere una sola occasione. Si butta all’interno di curva 1 e lo passa.
Alex Palou sta per scrivere la storia. E sa come farlo. Non prova a superare i doppiati. Li sfrutta, invece, per creare un trenino dove Ericsson è la quarta vettura, e quindi ha tante turbolenze. Ericsson non riesce ad avvicinarsi a Palou, e Palou usa la scia dei doppiati davanti per difendersi in rettilineo.
Bingo. È la mossa perfetta. Non arriva neanche un attacco e Alex Palou, finalmente, vince la 500 miglia di Indianapolis. 5 vittorie in 6 gare nel campionato Indycar 2025. Un dominio totale, meritatissimo, dopo un mese di maggio gestito alla grande e una gara gestita ancora meglio. è stato freddo, ha spinto quando serviva e ha affondato il colpo nel momento perfetto. Proprio come fanno i grandi campioni.
TOP & FLOP
Che facciamo, non chiudiamo il video con un piccolo momento Top & Flop? Iniziamo dai FLOP:
- COLTON HERTA: ok, si sarà anche tolto dalla corsa per andare in F1 con Cadillac. Però aveva finito la stagione 2024 alla grande, sembrava uno dei favoriti al titolo Indycar; invece, il suo mese di maggio è finito quando ha sbattuto alla prima curva del primo giro di qualifica. Primary car distrutta, ritmo perso, gara anonima.
- PENSKE: solo Newgarden si è salvato nel team Penske, e senza la pompa della benzina rotta poteva vincere. Per il resto, McLaughlin ha fatto un brutto errore, il team una figuraccia con la storia delle squalifiche e Will Power in gara non si è visto mai.
- McLAREN: vincere nello stesso giorno Monaco e Indy sarebbe stato un sogno per la McLaren. Invece, nonostante Pato O’Ward partisse terzo e fosse tra i favoriti, nel momento topico, negli ultimi quaranta giri… puff, si è sgonfiato. Ha chiuso quarto, per carità, ma non ha mai avuto lo spunto per giocarsi la vittoria come l’anno scorso. Discorso simile per Lundgaard, mentre deludono Kyle Larson e Nolan Siegel.
- ERICSSON: avrei voluto mettere tra i TOP Ericsson, per come ha corso e per quanto forte va nelle Indy500 degli ultimi anni. Invece, finita la gara, lo hanno retrocesso al terzultimo posto perché due macchine del Team Andretti, la sua e quella di Kirkwood che aveva chiuso 6°, montavano coperture aerodinamiche del sistema ibrido proibite. Pensate se avesse vinto e fosse stato poi squalificato! Come hanno beccato Penske, beccano tutti…
E ora, i TOP:
- PREMA: la gara è andata male. Ritiro per Shwartzman, arretramento per Ilott in ultima posizione dopo che aveva chiuso ottimo 12°, anche qui per un’irregolarità aerodinamica. Ma la Pole Position di Robert fa capire il livello clamoroso di squadra e pilota. Che esordio stupendo per il team di casa nostra!
- MALUKAS: all’inizio dell’anno scorso, Malukas si è rotto il polso. Doveva correre in McLaren ma la squadra l’ha trattato a pesci in faccia, scaricandolo brutalmente senza aspettare che guarisse. Lui si è ritrovato a lavorare per il canale TikTok della Indycar nella Indy500 del 2024. Poi ha ricostruito la carriera, è finito in AJ Foyt dove sono specialisti di Indy, ed è stato grande protagonista, sia in qualifica che in gara. E secondo lui, senza i doppiati, avrebbe anche potuto attaccare Ericsson e Palou…
- HUNTER-REAY: Hunter-Reay è un veterano di Indianapolis. Corre solo la 500 miglia, ormai l’età avanza (44) e dopo una carriera gloriosa ha lasciato spazio ai giovani. Ma sa ancora come si corre. Il suo team, DRR-Cusick, partecipa solo a Indianapolis, non a tutto il campionato. È una realtà piccolissima. E pensate che un guasto al Carb Day aveva privato Hunter-Reay della sua Primary Car. Quindi, con un telaio di riserva di una squadra minuscola, Ryan e i suoi strateghi avevano comunque trovato il modo di arrivare a giocarsi la vittoria. Una vera e propria favola da Indianapolis. Conta qualcosa che sia finita per un guasto al serbatoio? Conta zero.
- PALOU: Palou sta riscrivendo la storia della Indycar. Gli serviva una vittoria a Indy per vincere tutto ciò che si può vincere, e se l’è presa. In questo 2025 nessuno sembra poterlo fermare. Se la Cadillac volesse un pilota fortissimo, famoso negli USA ma cresciuto in Europa che conosce i nostri campionati… beh, porterebbero in F1 uno dei piloti più forti al mondo.
Finisce qui il PostGP dedicato alla 500 miglia di Indianapolis 2025. Al prossimo racconto sulle corse!
Alberto Naska e Luca Ruocco
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