“Sarebbe bastato un respiro dentro alla maschera, uno solo, e i polmoni di Lauda sarebbero collassati.”
“Era come se intorno a me ci fosse un grande buco nero nel quale cadere e addormentarsi. Un luogo nel quale riposare benissimo. “
State per leggere una storia da brividi. Una storia che non c’entra nulla con le corse.
È una storia d’amore. Parla di un amore che finisce ma continua per sempre.
È una storia che parla di coraggio. Un coraggio immenso, talmente grande che quasi non ci si crede.
È la storia di un pilota e delle sue ferite.
Signore e signori, questa è la storia della Fenice. Come una fenice rinasce dalle ceneri, questa è la storia di quando Niki Lauda tornò a correre dopo il rogo del Nürburgring.
PARTE I – L’EROE
Nel 1976 Niki Lauda è il numero 1. In tutti i sensi.
È il campione del mondo in carica, perciò la sua Ferrari corre con il numero 1 stampato bello grosso sul muso. Ed è anche il pilota più famoso del paddock. Ha riportato la Ferrari al Mondiale dopo undici lunghissime stagioni. È ricco, carismatico, sa pilotare gli aerei e ha una compagna bellissima.
In Italia lo chiamano il pilota computer, per la sua freddezza e l’abilità nello sviluppare le monoposto.
Sono famosi gli scherzi che i meccanici organizzavano a Niki: durante le pause nei test a Fiorano, cambiavano un dettaglio dell’assetto senza dirglielo. Roba minima, impercettibile per gli altri piloti. Lauda tornava in pista e, tempo due curve, si era reso conto. Rientrava ai box, spegneva il motore, tirava su la visiera e diceva: qvi kambiato kualcosa.
Per assaporare al meglio la nostra storia, però, dobbiamo capire qualcosa di più sul carattere di Lauda. E per farlo, torniamo alla primissima parte della sua carriera.
Niki è ricco di famiglia, fa parte dell’aristocrazia viennese. Peccato che il patriarca di questa famiglia, il nonno di Lauda, ritenga le corse un passatempo per babbei, e così Niki, pur di correre, ottiene da una banca un prestito, mettendo a garanzia una polizza sulla vita.
Fin qui, la vicenda è nota. Meno persone sanno che Lauda, dopo il primo prestito per correre nelle formule minori, ne ottiene un altro per correre in Formula 1.
Eh già, la March, la squadra per cui avrebbe gareggiato, pretende un gettone di 50.000 sterline per la stagione 1972. Equivale a circa un milione di euro oggi. Lauda ha il conto in rosso e, soprattutto, la banca che gli ha fornito il primo prestito rifiuta il secondo. Il motivo? Nonno Lauda, testardo quanto il nipote, ha mosso qualche filo e convinto i dirigenti a chiudere i rubinetti.
Secondo voi Niki che fa, molla l’osso? Certo che no. Prima falsifica la firma del padre su una lettera, anche lei falsa, nella quale il genitore assicura alla March che avrebbe pagato lui il gettone, se Niki non avesse trovato i soldi. Poi va da una seconda banca, la Raiffeisen, firma un contratto che mischia un prestito di cinque anni a una sponsorizzazione sul casco e a una seconda assicurazione sulla vita, e ottiene i soldi che gli servono.
Purtroppo, alla fine del 1972, la March è in difficoltà economica e lo lascia a piedi. Uscito dalla sede del team, sale in macchina e, arrivato a un semaforo, vede un muro davanti a sé. Un muro di mattoni della campagna inglese. Per qualche secondo, forse interminabile, Lauda valuta di schiacciare a fondo l’acceleratore e schiantarsi. È senza soldi, senza un sedile, indebitato fino al collo.
Fortunatamente Niki ci ripensa. Elabora un altro piano diabolico. Va dal patron della BRM, Louis Stanley, e s’inventa una sponsorizzazione farlocca. Promette che i soldi arriveranno dopo il Gran Premio di Monaco del 1973. Stanley ci casca, o forse fa finta di cascarci, e gli dà una monoposto per le prime gare della stagione. Proprio a Monaco, Niki porta la sua BRM fino al terzo posto, prima che si rompa il cambio. Stanley è talmente sorpreso che mette Niki sotto contratto, rivelando di aver capito da subito che quella sponsorizzazione era un bluff.
Insomma, avete afferrato il tipo di personaggio con il quale abbiamo a che fare. Lauda è un pilota veloce, ha uno stile di guida molto pulito ed efficace, ma soprattutto, Lauda è un uomo testardo. Ha una forza di volontà talmente grande da diventare spregiudicato. Se si mette in testa un obiettivo, lo raggiunge.
Le prodezze di Monaco 1973 al volante della BRM non sorpresero solamente Louis Stanley. Sorpresero anche Enzo Ferrari, che propose a Lauda un contratto per la stagione 1974. Niki, ovviamente, preferì la Ferrari alla BRM.
Possiamo scorrere veloce i primi anni di Lauda a Maranello. Sono un dettaglio neanche troppo importante della nostra storia. Niki ha un bellissimo rapporto con Clay Regazzoni, il suo compagno di squadra. Lo adorano i meccanici. Lo adora Mauro Forghieri, il progettista geniale del Cavallino Rampante. Nasce una bellissima amicizia con Luca di Montezemolo, il giovane Direttore Sportivo della Rossa. Anche il rapporto con il Drake è tutto sommato cordiale.
Niki fa più fatica a legare con Enzo, dato che nei primi tempi non parla italiano e serve che Piero Ferrari faccia da interprete. Prima delle gare, Enzo fa il segno 9 con le mani a Lauda, come a dire: portami i nove punti della vittoria. E le vittorie arrivano, sia nel 1974 che nel 1975, quando arrivano anche i due Mondiali.
Forse Enzo Ferrari, con il passare dei mesi, un po’ inizia a soffrire la popolarità di Lauda, capace di oscurare il Cavallino Rampante. Ma il rapporto rimane buono, e nel 1976 le vittorie continuano. Lauda domina il Mondiale, gli avversari non sono al suo livello. Un po’ di fastidio lo dà James Hunt con la sua McLaren, ma rimane sempre lontanissimo in classifica.
Fino al 1° agosto 1976. Il giorno in cui si corre il Gran Premio di Germania. Il giorno in cui inizia per davvero la nostra storia. E come in tutte le storie che si rispettino, anche nella nostra vale la regola principale.
L’eroe non muore mai. Al massimo, emerge dalle ceneri.
PARTE II – LE FIAMME
La corsa del Nürburgring è carica di tensioni. Lauda e altri piloti si sono molto lamentati della sicurezza della pista. Gli organizzatori hanno aggiunto qualche guard-rail qua e là prima del Gran Premio, ma l’Inferno Verde rimane bestiale. Nessuno si sente sicuro a correrci.
Lauda odia il circuito, lo ritiene un rischio inutile. È l’unico pilota di F1 ad averci girato sotto i 7’, nelle qualifiche del 1975, e nel 1976 scatta in prima fila, appena dietro a James Hunt. Poco prima della partenza arriva un temporale. Tutti montano le gomme da bagnato tranne Jochen Mass, un pilota tedesco compagno di squadra di Hunt in McLaren. Mass ha buoni contatti tra i commissari di pista e, tramite una serie di telefonate, gli arriva la soffiata che la parte Sud del circuito è già asciutta.
Mentre Mass scappa via alla fine del primo giro, tutti gli altri si fermano ai box per passare alle slick. I meccanici Ferrari hanno un problema, il pit-stop di Lauda è lento, e Niki rientra in pista a centro gruppo, staccatissimo dai primi.
Deve recuperare in fretta. Compie qualche sorpasso e si lancia all’inseguimento delle McLaren. Prima della curva Bergwerk c’è una leggera piega a sinistra, in discesa. La Ferrari 312T2 di Lauda scarta improvvisamente a destra, giusto dopo la compressione e il passaggio sul cordolo ancora umido. Niki va dritto contro le barriere esterne. L’impatto è devastante. La monoposto si disintegra e prende fuoco. Rimbalza al centro della pista e viene presa in pieno da un’altra vettura.
Lauda perde il casco durante gli impatti. Rimane bloccato nella sua Ferrari che brucia.
Quattro piloti provano ad aiutarlo: Brett Lunger e Harald Ertl, coinvolti anche loro nell’incidente, Guy Edwards, che era riuscito ad evitare la Ferrari, e Arturo Merzario, che arrivò in quel tratto di pista qualche secondo dopo l’impatto. Proprio l’intervento di Merzario è decisivo: dato che Arturo correva in Ferrari due anni prima, conosce bene il meccanismo delle cinture, e appena Niki sviene e smette di dimenarsi nell’abitacolo, Merzario riesce a sganciare il meccanismo e liberare Lauda.
Gli altri piloti aiutano Niki ad uscire dall’abitacolo e, incredibilmente, Lauda cammina sorretto fino a bordo pista, dove lo sdraiano sull’erba. Niki è semi-cosciente e chiede a John Watson, un altro pilota arrivato a soccorrerlo, quanto sia rovinato il suo viso. Watson mente, dicendogli che va tutto bene.
Si tratta di una bugia, ok, ma nemmeno troppo grossa. Nessuno, al Nürburgring, si è reso conto della gravità della condizione di Lauda. Neanche i piloti che lo hanno soccorso. Certo, Niki ha delle bruciature profonde, soprattutto sul viso, ma sembra stare bene. Niente pericolo di vita, insomma. Nel paddock si sparge la voce che abbia perso il casco durante l’impatto ma che stia bene, verrà portato all’ospedale per sistemare le ustioni e riprendersi. Dopo una bandiera rossa neanche troppo lunga, la gara riprende e la vince James Hunt.
Lauda, invece, non sta bene. Per nulla. Le ustioni, per quanto abbiano segnato il suo viso per sempre, non sono un problema. Il vero rischio sono i fumi che Lauda ha inalato durante l’incendio. Senza il casco a proteggerlo, Niki respirava benzina, frammenti di metallo, gomme… Ha respirato qualunque cosa. I suoi polmoni stanno malissimo.
Da questo momento in poi, inizia una catena di eventi che faticherete a credere di star leggendo davvero.
Lauda viene trasportato al centro medico della pista, dove capiscono subito la gravità della situazione. Da lì viene trasportato in un ospedale militare dove, fortuna vuole, il medico più esperto è in servizio, nonostante sia domenica. Anche questa struttura non è predisposta per il suo trauma e così Niki viene mandato all’ospedale di Mannheim dove, ancora una volta, trova un luminare in servizio. Nonostante sia domenica. Sono due passaggi fondamentali perché entrambi i dottori hanno la prontezza di non somministrare ossigeno a Niki, e di vietare a qualunque infermiere di farlo: sarebbe bastato un respiro dalla maschera, uno solo, e i polmoni di Lauda sarebbero collassati.
Per tre, lunghissimi, infiniti giorni, il livello di ossigeno nel sangue di Niki Lauda è sotto la soglia della sopravvivenza. Nessuno si spiega come Lauda sia rimasto vivo. Anni dopo, al suo biografo, Niki racconterà: rimanevo sveglio. Non dormivo mai, ma era come se intorno a me ci fosse un grande buco nero nel quale cadere e addormentarsi. Un luogo nel quale riposare benissimo. Per non finirci, mi sforzavo di ascoltare cosa dicevano le persone accanto a me. Quando i dottori chiamarono il prete per l’estrema unzione, questo arrivò e non disse nulla. Zero. Fece i suoi riti senza dirmi nemmeno una parola di conforto. Ma come, sei un prete e neanche mi aiuti, mi spingi a combattere o mi dici che andrà tutto bene? Fu la scintilla che mi portò a lottare ancora di più per rimanere vivo. Poco tempo dopo, mi risvegliai.
Una volta uscito dal coma, Niki migliora in fretta. La sua forza di volontà è sbalorditiva. I medici rimangono sorpresi da quante volte chieda di ripetere lo spurgo dei polmoni, un’operazione incredibilmente dolorosa. Poi Lauda viene sottoposto a un intervento chirurgico, nel quale asportano parte delle cosce per mettere la pelle sulla fronte.
Non sono passate neanche due settimane dall’incidente del Nürburgring e Niki Lauda ritorna a casa, in Austria.
Prima vi ho mentito. Il bello della storia arriva ora.
PARTE III – LA FENICE
Una volta tornato a casa, Niki Lauda mette in piedi il più stupefacente recupero della storia del motorismo. E forse di tutto lo sport.
Ricordatevi, siamo a metà agosto. Lauda cerchia sul suo calendario la data del 3 ottobre 1976. Si correrà il Gran Premio del Canada. Un mese e mezzo per ritornare a correre dopo che gli avevano dato l’estrema unzione. Già così, suona come una follia totale.
E se vi dicessi che il recupero fu accorciato di due settimane? Ci credereste?
Iniziamo a capire come fa, Niki, a recuperare la forma.
Il primo scoglio da superare è l’aspetto fisico. Marlene, la moglie di Lauda, si dimostra eccezionale nell’aiutarlo. E Niki capisce presto che non ci può fare nulla. L’ha raccontato lui stesso: feci pace molto presto con il mio aspetto. Il mio viso avrebbe fatto paura alle persone da quel momento in poi. E allora? Mi diede anche uno strumento formidabile per leggere la gente: entravo in una stanza e potevo dividere le persone. C’era chi mi guardava, rimaneva sorpreso e poi mi trattava come gli altri. L’altra metà delle persone, mi evitava, non riusciva ad andare oltre l’aspetto fisico. Capivo subito la gente, così.
Il secondo scoglio da superare è l’allenamento. Niki deve tornare in forma, recuperare peso, è quasi un fantasma. Per farlo, deve allenarsi. E per allenarsi, deve smettere di sentire dolore per le ustioni. Il suo preparatore atletico, un guru di nome Willi Dungl, gli sta accanto da subito. Prova con i massaggi, gli oli, ma non funziona nulla. Poi, gli viene in mente un’erba che cresce nei laghi. La va a raccogliere, ne fa un impacco e Lauda prova sollievo. Da lì, la pensata geniale: Dungl carica Niki su un aereo, lo porta ad Ibiza e per cinque giorni lo lancia nel mare. Semplice, cinque giorni a mollo nell’acqua di mare. Con le ferite delle ustioni aperte. Eppure, dopo quei cinque giorni, Lauda sta molto meglio. Può allenarsi di nuovo. E sapete come lo allena, Dungl? Per essere sicuro che Niki non abbia paura del fuoco, gli lancia addosso delle palle di giornale infuocate. Se Niki le prende al volo, non ha paura.
E Lauda non ha paura. È pronto a tornare a correre in Canada. Se non fosse che…
Che intanto Enzo Ferrari ha cercato un sostituto di Lauda. Sin dalle prime ore dopo l’incidente. Il Drake ha visto morire amici e piloti a decine, non gli manca il pelo sullo stomaco. Niente sentimentalismi: la Scuderia deve continuare ad avere due piloti. Nelle prime ore dopo l’incidente, si pensa che solo un miracolo possa salvare Lauda. Figurarsi se Niki tornerà a correre.
Così Ferrari chiama Emerson Fittipaldi, che però rifiuta l’offerta. Il Drake allora propone il sedile a Ronnie Peterson, il mitico asso svedese che correva con la March. Ronnie accetta, Peterson alla Ferrari è un gran colpo, ma quando Lauda lo scopre, chiama Montezemolo, fa intervenire Gianni Agnelli e la trattativa si ferma. Niki era compagno di squadra di Peterson in F2, sa quanto Ronnie sia veloce. Troppo pericoloso per la sua posizione in Ferrari. Così, alla fine, Enzo Ferrari mette sotto contratto Carlos Reutemann. Un pilota argentino un po’ incostante ma molto veloce anche lui.
Reutemann sostituirà Lauda per tutte le corse necessarie e poi diventerà pilota titolare nel 1977, al posto di Regazzoni. Niki va su tutte le furie. Reutemann non gli sta per nulla simpatico.
Dopo il prete, questa è la seconda scintilla che serviva. La Ferrari iscrive Reutemann al Gran Premio d’Italia, previsto per il 12 settembre 1976. Quarantadue giorni dopo l’incidente. E Lauda cosa fa? Decide di tornare a correre a Monza. Costringe la Ferrari a schierare tre vetture.
Il mondo è incredulo. Nessuno pensa che Lauda ce la possa fare. Tantomeno la Ferrari. Niki viene invitato a Fiorano per un test. Si presenta qualche giorno prima del Gran Premio d’Italia.
Tra i tanti curiosi presenti, c’è un giovanissimo Leo Turrini, che ha appena sedici anni. Sul suo blog ha raccontato: c’è una foto, da qualche parte. Io ragazzino, con occhiali da sole, alle spalle di Niki. Che aveva il sangue che gli colava sotto le garze, la faccia sfigurata, 40 giorni dopo il rogo del Ring. Ero lì e mi veniva da piangere. Da allora, per me Lauda è il Mito assoluto.
Il test va bene. Lauda all’inizio fatica ma dopo una ventina di giri e i suoi tempi sono buoni. Non ottimi, ma buoni. Può andare a Monza.
Il venerdì piove. Lauda va pianissimo. Giornali, tifosi, tutti pensano che sia tornato troppo presto al volante. Niki soffre, ovviamente. Si riaprono le ferite ogni volta che toglie e mette il casco. Di notte deve coprirsi gli occhi con una benda perché non può ancora chiuderli. Ma Lauda resiste. Non può mollare adesso.
Che poi, Niki Lauda non molla mai.
Il sabato mattina fa un reset. Entra in pista, gira piano e aumenta il ritmo gradualmente. Alla fine delle qualifiche è 5°, a sette decimi dalla Pole Position. E davanti a lui non ci sono auto rosse. La Ferrari più veloce di tutte è la sua.
A Monza aumenta la tensione. L’autodromo è una bolgia sin dalle prime ore della domenica. 80.000 persone sono pronte a tifare Niki Lauda. Ogni volta che il Campione appare, le persone applaudono. Neanche urlano, applaudono.
Nel caos del ritorno alle corse, nessuno ha detto a Niki che il sistema di partenza, nelle due gare che ha saltato, è cambiato. Niente più bandiera verde ma un semaforo, che da rosso diventa verde. Così Lauda, in partenza, rimane fermo. Lo superano in tanti, scivola al quattordicesimo posto.
Ma Lauda, l’abbiamo detto, non molla mai. Inizia la rimonta. Al terzo giro è decimo. Al quattordicesimo è sesto. Poi passa la due Tyrrell e si ritrova quarto a cinque giri dalla fine. Fa segnare il giro più veloce. Monza è una bolgia, i tifosi iniziano a sognare. Lauda è a una decina di secondi dai primi.
Sembra impossibile, ma vuoi vedere che…? In realtà, dopo l’ultimo sorpasso, Lauda nota la pressione dell’olio che diminuisce. Così Niki rallenta, difende il quarto posto e guadagna tre punti fondamentali su Hunt, che nel frattempo si è ritirato.
Monza è in delirio. Il podio non interessa quasi a nessuno. Tutti cercano Lauda, che viene scortato dalla polizia al motorhome, talmente tante persone cercano di portarlo in trionfo. Quando si toglie il casco, Niki è una maschera di sangue. Ma ce l’ha fatta. È tornato a correre quarantadue giorni dopo il rogo del Nürburgring.
Niki Lauda è un eroe. Niki Lauda è la Fenice.
PARTE IV – LA TUTA
Succedono tante cose, dopo Monza 1976.
Enzo Ferrari descrive così il ritorno di Niki alle corse: sono convinto che il desiderio del pilota di vincere, l’ansia della volontà, sia la molla delle corse. Il ritorno di Niki è la dimostrazione di una passione innata per le corse. I miei sentimenti per lui sono di ammirazione per un professionista capace e scrupoloso.
La realtà è un po’ diversa. L’incidente ha spezzato l’amore tra la Ferrari e Niki, che forse era già destinato a rompersi. Lauda non ha preso bene la ricerca di un rimpiazzo. Enzo di certo non ha rimpianti, la Scuderia viene prima di tutto.
Inizia un periodo difficile. Al Fuji, la corsa decisiva per il Mondiale, c’è un diluvio. Lauda e tutti gli altri piloti si accordano: due giri, giusto per soddisfare le televisioni, poi tutti ai box, ci ritiriamo. Troppo pericoloso correre così. Il patto viene rispettato da Niki e pochi altri. Hunt finisce terzo e si prende il Mondiale per un solo punto. Niki Lauda viene descritto come il Campione con il Coraggio di avere Paura. Lauda aveva paura e lo ammise, ma l’accordo con gli altri piloti gli assicurava il Mondiale. Per quello si era fermato senza problemi.
Tante persone, in Ferrari, pensano che sia tornato a correre troppo presto. Forse sarebbe stato meglio perdere un Mondiale da infortunato. Iniziano delle scaramucce. In inverno, per esempio, la Ferrari fa testare di più Reutemann. Lauda s’incazza, prende il suo aereo, va al Paul Ricard, atterra, pretende di provare anche lui, e tempo neanche due giri abbassa di 6 decimi il miglior tempo che Reutemann aveva segnato in tre giorni interi. Rientra ai box, spegne la macchina, torna all’aereo e decolla.
Un’oretta per dimostrare a tutta la Ferrari chi è il migliore. Nel 1977 Niki stravince il Mondiale. Torna alla vittoria a Kyalami, terzo Gran Premio, nonostante un buco nel radiatore mandi la temperatura di acqua e olio alle stelle per tutta la seconda metà di gara. Vince altre due corse, colleziona un sacco di podi e si laurea Campione con due gare d’anticipo.
Gli ultimi due Gran Premi nemmeno li corre. Il rapporto con la Ferrari è distrutto, e Niki ricucirà con Enzo solo cinque anni dopo. I due si abbracciano a Imola, durante un test, e il Drake dice a Lauda: avresti già vinto cinque mondiali, come Fangio, correndo per me.
La carriera di Lauda continuò. Vinse un altro campionato piloti con la McLaren, fu un imprenditore di successo, fece il consulente e il Team Principal in F1 per Ferrari e Jaguar e poi il Vicepresidente in Mercedes, dove vinse qualunque cosa assieme a Hamilton, Rosberg e Toto Wolff.
Niki era una vera istituzione nel paddock.
Morì il 20 maggio 2019, poco dopo aver compiuto 70 anni, a causa di complicanze legate a un trapianto di polmone avvenuto l’anno prima. Dopo aver resistito in maniera inspiegabile per tanti anni, i suoi polmoni, così martoriati nell’incidente, avevano ceduto.
Lauda è sepolto in un cimitero di Vienna. Uno dei suoi ultimi desideri fu scegliere l’abito da indossare per l’ultimo viaggio.
Niki Lauda, un pilota che ha passato la vita a girare in tondo come un cretino – parole sue -, un uomo che ci ha spiegato cosa sia il Coraggio, ma quello vero, riposa indossando una tuta da pilota.
Rossa. Con un Cavallino Rampante cucito sul petto.
La tuta dei suoi anni in Ferrari.
Alberto Naska e Luca Ruocco
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